La domanda è sempre la medesima: “Sono un infermiere e vorrei fare un doppio lavoro. Come posso fare?
La normative di settore in realtà lo permette, ma con imponenti restrizioni e la possibilità è troppo spesso totalmente in mano alla discrezionalità del singolo capo ufficio.
In primo luogo, per un infermiere e per chiunque faccia parte delle professioni sanitarie che voglia avere un secondo lavoro è in linea di massima…
necessario ottenere l’autorizzazione da parte del proprio dirigente amministrativo.
Quindi:
se sei un infermiere e svolgi la tua professione sulla base di un contratto a tempo pieno o un part-time con orario superiore al 50%, l’unica soluzione è chiedere al tuo dirigente una specifica autorizzazione.
E come sempre fin qui, niente di nuovo.
La norma è sempre la stessa: D.Lgs 165/2001 all’art. 53 con le successive modifiche. L’autorizzazione in teoria verrebbe concessa una volta verificata l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi.
E qui scattano due dubbi da sempre amletici e mai risolti:
- Cosa si intende per conflitto di interessi e quali attività ne vengono inglobate?
- Se per caso non sussiste in conflitto di interessi, l’attività se ha requisiti di occasionalità viene autorizzata oppure no?
La prima domanda non ha una risposta effettiva. La valutazione del dirigente ha carattere totalmente discrezionale e si basa su una valutazione della domanda fatta sul singolo caso.
Quindi pesi diversi e misure diverse per la medesima attività con stessi requisiti. Materialmente e paradossalmente potrebbe essere autorizzata in un luogo e non autorizzata in quello accanto, proprio perché cambia il dirigente di zona.
Il dirigente ha facoltà di rigettare la richiesta di autorizzazione dell’infermiere o del dipendente ogni qual volta avrà anche solo il sentore che l’attività extra-professionale possa avere un carattere abituale, professionale o possa porsi in conflitto di interessi con la Pubblica amministrazione.
Nel secondo caso, dovrebbe essere tutto risolto.
Se i requisiti di occasionalità ci sono e non ci sono conflitti di interesse dovrebbe scattare l’autorizzazione.
Ma.. purtroppo spesso non è così e l’infermiere o comunque il dipendente è portato a rinunciare alla propria necessità e spesso finisce con l’orientarsi nello svolgerla comunque nel sommerso per l’eccessiva burocrazia e restrizioni.
Se l’autorizzazione scatta, infatti, è talmente restrittiva che… onestamente.. passa la voglia di approcciarsi a simili eventualità.
È radicata nel pensiero comune un’avulsa mentalità secondo la quale un infermiere che eventualmente svolga un doppio lavoro, non sia in grado di mantenere sufficienti standard di performance lavorative.
La solita situazione che viene attribuita a tutti i dipendenti, come se fuori dal lavoro dovessero essere sempre concentrati. Spesso ci si dimentica che certe situazioni dipendono più dal buon senso di un soggetto piuttosto che da un secondo lavoro.
Paradossalmente il dipendente potrebbe stancarsi andando in discoteca la sera prima o ritirandosi tardi dopo una serata passata a bere alcoolici. Ma sembra che solo il secondo lavoro sia oggetto di “stanchezze” eccessive in carico ai dipendenti.
Perché i medici si e gli infermieri no?
Risulta notevole lo squilibrio con la posizione dei medici che possono, anche se con le dovute precauzioni e nel rispetto dei parametri di legge, avere uno studio privato e svolgere in sostanza, sia dentro che fuori le mura della P.A di riferimento, il proprio secondo lavoro senza che questo sollevi dubbi circa le loro capacità psico-attitudinali.
I medici detengono una posizione di favore in tal senso, e possono arrivare sul lavoro oberati di stanchezza perché pare siano immuni dalle medesime problematiche di eccessivo onere psico-fisico che affligge gli infermieri che svolgono un secondo lavoro.
E le collaborazioni occasionali?
In realtà sarebbero consentite, previa autorizzazione e valutando periodi circoscritti e non continuativi rientrando in limitazioni sia di numero di prestazioni che di remunerazione.
Anche in questo caso la soglia discrezionale dei 5.000 per il totale di prestazioni è il limite generico.
La soluzione come sempre è identificare una “modalità alternativa” che permetta all’infermiere o comunque al dipendente pubblico di esercitare un’attività con maggiore libertà e abbattendo tasse e spese.
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Inutile dire che il numero di 30 prestazioni annuali (trasformabili per legge in prestazioni orarie, che quindi potrebbero essere in numero maggiore basta non superare la soglia oraria totale..) non può in alcun modo essere indice di una capacità lavorativa oltre la quale, si diventa improvvisamente non più in grado di gestire il rapporto con i pazienti e con i colleghi.
E tutto questo purtroppo è applicabile anche agli altri dipendenti del settore oltre agli infermieri: ostetriche, logopediste, fisioterapisti, e chi più ne ha più ne metta.
Si parla molto del part-time, che ormai è divenuto un fattore la cui concessione è puramente discrezionale da parte delle amministrazioni e il più delle volte viene rifiutato per esigenze di personale.
Infermiere e doppio lavoro.
Come sempre ci si può muovere con autorizzazioni nel caso di attività remunerate o “comunicazioni” al capo ufficio nel caso di attività gratuite.
Ma vanno sapute compilare con tutti i giusti requisiti, per non sbagliare, perché se si compila un’istanza in maniera generica si rischia di fare più danni che svolgere l’attività nel sommerso.
Esiste la modalità per scrivere un’autorizzazione per secondo lavoro del dipendente pubblico e statale e per l’infermiere in maniera ineccepibile.
CONCLUSIONE
Purtroppo il connubio infermieri-secondo lavoro, non è un connubio che funziona e le restrizioni divengono sempre più imponenti.
Trovare una “modalità alternativa” oggi appare realmente l’unica soluzione per un infermiere per riuscire ad arrotondare il proprio stipendio in serenità laddove sia identificabile.
Altrimenti, il suo sogno vedrà inesorabilmente il tramonto.
Massimiliano Acerra
Virginia dice
Buongiorno, sono un infermiera che lavora nel pubblico con contratto determinato per 12 mesi e nello stesso tempo volevo lavorare nel privato con contratto di collaborazione per una comunità. Si può fare?
Annamaria Citro dice
E perche’ mai un infermiere dovrebbe arrotondare il proprio stipendio? vedo che quello che Lei ha scritto e’ discriminatorio verso la altre categorie…intanto gli introiti che vanno agli infermieri che effettuano prestazioni nel privato, con prelievi, iniezioni, cure e tant’altro non vengono denunciati ai fini della tassazione…restano chiusi tra le quattro mura dell’ammalato di turno, alla faccia di coloro che pagano le tasse fino all’ultima lira.Inoltre da tanto fastidio vedere un infermiere che paventa il suo status sociale con questi sistemi da evasore fiscale, cambiando auto costosissime, paventare lusso, alla faccia di chi lavora onestamente ( e ne conosco tanti).Concludo dicendole che dalle Sue parole si inravede qualcosa di parte, se sbaglio sono a Sua disposizione, grazie.