Per un eventuale secondo lavoro nel pubblico impiego, sono considerati incarichi retribuiti, tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri d’ufficio per i quali è previsto sotto qualsiasi forma un compenso. Utile segnalare una definizione giuridica tratta direttamente dai manuali tecnici di Massimiliano Acerra (“Doppio Lavoro” e “Prestazioni Occasionali”), utili per differenziare tecnicamente la prestazione occasionale dal lavoro autonomo occasionale:
Lavoro occasionale extra ufficio del dipendente statale:
Il lavoratore autonomo occasionale non è vincolato dal committente (il committente è colui che offre lavoro o incarico) ad orari rigidi e predeterminati e la sua attività va intesa non come strutturale all’interno del ciclo produttivo, ma solo come di supporto al raggiungimento di obiettivi momentanei del committente, circoscritti nel tempo.
Il lavoro autonomo occasionale non prevede obbligatoriamente un contratto scritto, nè il committente ha l’obbligo di applicare le regole sulla prevenzione degli infortuni o altre norme previste per gli altri lavoratori. Possiamo sintetizzare così le caratteristiche proprie del lavoro autonomo occasionale e delle prestazioni lavorative occasionali:
•Completa autonomia del lavoratore circa il tempo e le modalità di esecuzione della prestazione;
•Mancanza di un coordinamento con l’attività del committente, in quanto il lavoratore, non dovendo operare all’interno del ciclo produttivo dell’azienda, non deve necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze organizzative del committente. (A questo riguardo, la giurisprudenza definisce il coordinamento come «connessione funzionale derivante da un protratto inserimento nell’organizzazione o, più in generale, nelle finalità perseguite dal committente e caratterizzata dall’ingerenza di quest’ultimo nell’attività del prestatore», Cass., sez. lav., 19 aprile 2002 n. 5698)
•Carattere episodico dell’attività;
•Mancanza dell’inserimento funzionale del lavoratore nell’organizzazione aziendale;
•Mancanza del vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Si possono indicare quali indici essenziali dell’esistenza di tale caratteristica: l’assoggettamento al datore di lavoro, esplicatesi tra l’altro in un potere disciplinare, di controllo e di vigilanza e l’inserimento in via continuativa e sistematica nell’organizzazione aziendale; indici residuali riguardano invece l’orario di lavoro, l’oggetto della prestazione, l’esistenza o meno di un’organizzazione d’impresa e l’incidenza del rischio in capo al soggetto (tali ultimi due indici vengono più comunemente utilizzati per identificare la presenza di lavoro autonomo rispetto al lavoro subordinato).
In altre parole, perché si configuri un vero e proprio rapporto di parasubordinazione come definito dall’art. 409 comma 3 del codice di procedura civile, devono sussistere i già citati presupposti di:
1) continuità (nei casi in cui la prestazione non sia occasionale ma continuata nel tempo e vi sia un onere costante del prestatore d’opera nei confronti del committente),
2) di coordinazione (intesa come un prolungato inserimento del prestatore nella pianificazione aziendale per gli obiettivi del committente),
3) di professionalità e di prevalenza e personalità (intesa anche come prevalenza d’opera del prestatore rispetto ad altri collaboratori del committente.) (Cassazione civile, sezione lavoro, n. 5698 del 19 aprile 2002). OMISSIS…
(i dettagli completi con la stesura tecnica dell’argomento ed esempi concreti, sono contenuti nei Manuali specialistici di Massimiliano Acerra sul doppio lavoro dei pubblici dipendenti)
Chiaramente, questa stesura è inerente alle attività prettamente occasionali e circorscritte e sono per casi da definire “classici”.
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