Partecipazioni e cariche sociali in società cooperative da parte dei dipendenti pubblici.
Secondo lavoro del dipendente pubblico in cooperative.
L’art. 61, D.P.R. n. 3/1957, nella sua originaria versione, permetteva la partecipazione dei dipendenti pubblici a cariche sociali nelle società cooperative solo nei casi di società cooperative fra impiegati dello Stato; l’art. 18, L. n. 59/1992, ha esteso tale partecipazione a tutte le società cooperative.
Sul piano giurisprudenziale si è osservato come, in seguito all’entrata in vigore della legge n. 59/1992, non sussiste incompatibilità tra lo status di pubblico dipendente e la carica sociale in società cooperativa, evidenziando gli scopi esclusivamente o prevalentemente mutualistici perseguiti da detta società, e rimarcando, comunque, la necessità di richiedere l’autorizzazione della PA, da rilasciare secondo gli usuali criteri della quantità dell’impegno, delle modalità di svolgimento e delle mansioni svolte per la P.A. da parte dell’interessato.
L’art. 61 dello stesso D.P.R. n. 3/1957, (statuto degli impiegati civili dello stato) come novellato dall’art. 18, L. n. 59/1992, dispone che il divieto di cui al richiamato art. 60 ‘non si applica nei casi di società cooperative’.
Dal quadro normativo e giurisprudenziale sopra delineato e avuto riguardo alla prassi amministrativa, emerge, dunque, con specifico riferimento all’incompatibilità con l’attività imprenditoriale, l’espresso divieto per il dipendente pubblico di assumere cariche in società con fini di lucro, fatta eccezione per le società cooperative (artt. 60 e 61, DPR n. 3/1957) e salva la partecipazione come semplice socio, esente da autorizzazione.
Il TAR Veneto ha individuato la ratio (la ragione propria della norma) del regime delle incompatibilità nell’opportunità di evitare le disfunzioni e gli inconvenienti che deriverebbero all’amministrazione dal fatto che i propri dipendenti, anche rivestendo cariche sociali, si dedichino ad attività collaterali, caratterizzate da un nesso tra lavoro, rischio e profitto.
Il TAR Veneto ha evidenziato che il Legislatore del 1992, stabilendo – mediante la soppressione delle parole ‘fra impiegati dello Stato’ – che il divieto di accettare cariche sociali non si applica ai casi di società cooperative, ha ritenuto, in maniera ben razionale, che in tutti i casi nei quali gli scopi mutualistici perseguiti dalla società sono prevalenti rispetto agli scopi di lucro (che bene possono coesistere), e tanto più quando gli scopi sociali sono esclusivamente mutualistici, le incompatibilità non si verificano, e sono considerati privi della gravosità indispensabile per configurare una ipotetica incompatibilità con lo status di pubblico dipendente.
Dello stesso parere è il Dipartimento della Funzione pubblica, con la circolare n. 6/1997, sopra citata, nella quale osserva come con l’entrata in vigore della L. n. 59/1992, la partecipazione alle cariche sociali è ora consentita qualunque sia la natura e l’attività della società cooperativa, che spesso, osserva il Dipartimento, è del settore bancario, in cui è diffusa la partecipazione di dipendenti pubblici non solo come semplici soci. In tali ipotesi, la predetta Circolare 6/1997 precisa che il dipendente è tenuto a richiedere l’autorizzazione della propria amministrazione da rilasciare secondo gli usuali criteri ed elementi di fattibilità.
CONCLUSIONE:
via libera per i dipendenti statali alla partecipazione in qualità di soci in cooperative anche con mansioni operative.
Conseguenza positiva anche per il secondo lavoro del pubblico dipendente connesso alle cooperative, per chi ne fa parte o per chi ne crea.
Questo in linea di massima è quello che prevede la legislazione. Come sempre sono da valutare “gli elementi che determinano la fattibilità di un’attività extra” che ho sviluppato punto per punto in un video che trovi nella relativa sezione. Le cooperative varie sono a tutti gli effetti dei vettori di modalità alternative di regolarizzazione che la maggioranza dei dipendenti non conosce e che sarebbe opportuno approfondisse visto che detengono il potere di rendere fattibili attività apparentemente incompatibili.
Il Giudice amministrativo ha osservato che, se è vero che le società cooperative esercitano attività di impresa, si occupano cioè di un’ attività economica, è altresì vero che le stesse si distinguono dalle altre società per lo scopo esclusivamente – o prevalentemente – mutualistico perseguito, in contrapposizione allo scopo esclusivamente di lucro avuto di mira dalle altre società.
Lo scopo mutualistico, precisa il TAR, consiste nel fornire beni o servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato, mentre lo scopo delle imprese in senso proprio è il perseguimento e il riparto di utili patrimoniali.
Il TAR riconosce che la società cooperativa può perseguire anche scopi di lucro, senza per questo mutare la propria natura, e rimarca che, se è vero che l’attività di una società cooperativa può essere utilizzata non esclusivamente a beneficio diretto dei soci, ma anche al mercato, è anche vero che, per riconoscere ad una società natura di cooperativa, lo scopo mutualistico deve essere prevalente, e lo scopo lucrativo secondario.
Con queste premesse, il TAR Veneto afferma che non sussiste incompatibilità tra lo status di pubblico dipendente e la carica sociale in società cooperativa (nel caso sottoposto al suo vaglio, la carica di consigliere di amministrazione di banca di credito cooperativo).
Per le considerazioni sopra esposte, sembra, pertanto, consentita, la partecipazione a cariche sociali in società cooperative, sempre previa autorizzazione, in ottemperanza alla previsione di cui al comma 5 dell’art. 53, D.Lgs. n. 165/2001, secondo cui, in ogni caso, l’autorizzazione all’esercizio di incarichi che provengano da società, che svolgono attività di impresa o commerciale, è disposta dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità del dipendente, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione.
[1] Cfr.: C. Cass., n. 967/2006, secondo cui la norma del richiamato art 53, comma 1, ha sancito una vera e propria estensione a tutti i dipendenti pubblici, contrattualizzati e non, della disciplina delle incompatibilità dettata dal testo unico degli impiegati civili dello Stato agli artt. 60 e seguenti. In particolare, per i dipendenti degli enti locali, il regime delle incompatibilità risulta ora chiaramente riunificato sotto la generale disciplina richiamata.
[2] Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, Circolare 18 luglio 1997, n. 6.
[3] Sul piano giurisprudenziale, già il Consiglio di Stato aveva chiarito che il divieto di accettare cariche presso società con fini di lucro è limitato a chi partecipi attivamente alla vita sociale dell’impresa e non si estende all’assolvimento dei doveri e all’esercizio dei diritti propri del semplice socio (CdS, n. 652/1982).
[4] TAR Veneto, sez. I, 26 gennaio 1999, n. 35, dichiara illegittimo il diniego, opposto al proprio dipendente dall’amministrazione finanziaria, di autorizzazione a svolgere l’attività di consigliere di amministrazione presso la Banca di credito cooperativo, considerato che il divieto di cui all’art. 60, D.P.R. n. 3/1957, (incompatibilità dello status di pubblico dipendente con lo svolgimento di attività imprenditoriali) non si applica nel caso di società cooperative anche se allo scopo mutualistico di queste si vada ad aggiungere lo scopo di lucro. Nello stesso senso, Cons. St. n. 865/1992, secondo cui in seguito all’entrata in vigore della L. n. 59/1992, ai dipendenti dello Stato non è preclusa la possibilità di ricoprire cariche presso le Casse rurali e artigiane; Cons. St., n. 68/1993, secondo cui la carica di presidente di cassa rurale e artigiana costituita in forma cooperativa è compatibile con l’insegnamento nelle scuole statali a seguito della entrata in vigore della L. n. 59/1992 (entrambe le pronunce da ultimo citate sono richiamate dal TAR Veneto n. 35/1999).
Massimiliano Acerra.
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Buongiorno,
ho letto con attenzione il suo articolo e la ringrazio per l’accuratezza. Da ciò che ho letto, ho compreso che, nell’eventualità venissi assunta come docente elementare ( attualmente sto facendo solo delle supplenze a spot), potrei conciliarla con una seconda attività se nell’ambito di una cooperativa che ha prevalentemente uno scopo mutualistico.
Ho una domanda:
nel suo articolo si parla di rivestire una carica nella cooperativa, posso considerare una carica anche quella di semplice “socio”?
la mia personale intenzione sarebbe quella di iscrivermi in Doc Servizi che è una cooperativa per lo spettacolo con scopo prevalentemente mutualistico. Tramite essa potrei occuparmi dell’attività di segretaria di produzione che mi occupa solo una parte della settimana e quindi fatturare al cliente la mia prestazione lavorativa ( io dalla cooperativa avrei una vera e propria busta paga) e poi contemporaneamente essere una dipendente pubblica?
Mi interessa sapere la risposta a questo quesito…
Ma non ha risposto nessuno?
Massimiliano ci illumini per favore?
Grazie
Quindi è possibile che un dipendente comunale e la moglie siano soci di una cooperativa a cui vengono affidati tutti gli appalti dello stesso Comune in cui è dipendente?